Alla fine ciò che inganna è questo aspetto
angelico...
Nome: Edlyn, ma lo odio. Andrà bene Ed.
Cognome: Cooper
Data di nascita: 4 maggio 1995
Provenienza: Marte. O almeno così sembra, mai nessuno che mi capisca, mai nessuno come me. Tutti belli, perfetti, giusti nelle loro parti da attori di serie C e io il mio copione lo seguo, tutto, per filo e per segno, ma di tanto in tanto lo chiudo e mi concedo una fuga; una piccola fuga dal palco per la vita reale, quella fatta di bestemmie e parolacce, quella dove o sono ubriachi o sono fatti, quella dove devo essere furba per poterci restare.
Età: 16
Anno scolastico frequentato/Professione svolta: La scuola non l'ho mai vista, neanche da lontano. Mia madre era convinta che non fosse abbastanza e così sono stata circondata da tutori che mi insegnavano la filosofia e Freud, l'algebra e la scienza... solo che si sono scordati le cose importanti, ad esempio come si fa uno spinello.
Orientamento sessuale: Non lo so, non ci ho mai neanche pensato. Alla fine che importa? Che importa se bacio una ragazza? Che importa se farò sesso con un uomo o no? Alla fine non importa niente, perché finisce tutto, sempre e comunque. Tutt'al più si cerca di allungare la partita.
... come potrei essere una cattiva
ragazza?
Descrizione fisica: Odio quando mi dicono che sono bella. Alla fine a cosa serve, essere belli? Essendo bella conquisterò, magari, un ruolo d'attricetta in televisione, potrei fare la velina... la prostituta. Ma in cosa mi aiutano questi capelli biondi? In cosa mi aiutano questi occhi azzurri? E questa magrezza? Vorrei che la gente mi guardasse e mi dicesse: Sei intelligente, Ed, farai strada! Potrai cambiare qualcosa! Invece, al momento, l'unica cosa che riesco a cambiare è la posizione di un pene nei pantaloni. Soddisfacente...
Carattere: L'allegria non è il mio forte, la simpatia tanto meno. Sono sarcastica, acida, fredda, scontrosa e odio la timidezza, odio però anche le persone "solari", come dicono loro, odio quelli che parlano troppo. Sono, insomma, impossibile. Sarà per questo che, alla fine, amici veri non ne ho.
Ama: Direi che amare è un parolone, si sa a stento cosa ci piace. Beh' a me piace la notte, piacciono la luna e le stelle. Poi mi piacciono le matite, una vera ossessione, e l'arte, l'arte anche. Mi piace leggere, mi piace fare tutto quello che posso fare da sola. Alla fine è stare da sola che mi piace, poi non so, un giorno magari cambierò idea.
Odia: Odiare, sì questo è più facile.
Bruges, il posto dove sono nata, mia madre, che mi ha rinchiuso e mio padre, che se ne è andato. I miei zii, quelli da cui sto adesso. Odio chi mi vuole essere amico per forza, e chi invece vuole solo scoparmi. Odio i tutori e gli adulti in generale, loro che credono di sapere tutto di un adolescente per il semplice motivo che lo sono stati anche loro, quando poi è sempre il contrario: i ragzzi sono quelli che capiscono gli adulti, mai il contrario.
Segni Particolari: Una voglia, chiarissima, sul seno: una falce con un puntino vicino. Ho sempre amato pensare che fosse la Luna con una stella vicino. Un po' un segno che mi dicesse che era una sua creatura e che non appartenevo a questo schifo di mondo.
Viviamo tutti di ricordi ed è per questo che siamo fragili:
i ricordi prima o poi spariscono.
Storia: Sono nata, ormai qualche anno fa, in una città morta. O meglio, una città che morirà nel giro di una generazione: non ci sono ragazzi sopra i 18 anni a Bruges, scappani tutti e così, quando anche l'ultima donna non portà avere figli non ci sarà più nessuno, e la città morirà. Non è un bel pensiero, vero? Io alla fine ne sono felice, la odiavo, Bruges.
I primi cinque anni della mia vita sono stati una pacchia: mio padre era con noi. Poi quando gli altri bambini andavano a scuola io rimanevo a casa, con la signorina McFly, una vecchia maestra di scuole elemntari che mia madre aveva assunto: non si fidava delle scuole pubbliche e il mondo, lì fuori era troppo violento, per me. Mio padre poteva vedermi sempre meno perché lavorava la notte e noi, infatti, di solito stavamo insieme il pomeriggio, ma ora il pomeriggio io ero con la signorina McFly e non potevo vederlo. Piano piano si è allontanato e, quando avevo sette anni i miei divorziarono. Venni affidata a mia madre e da quel momento la odiai.
Anno dopo anno la mia vita è stata sempre la stessa, non avevo amici o conoscenti. Le uniche persone che vedevo erano le colleghe di mia madre, il giovedì sera, quando venivano a prendere il caffè e la mamma mi obbligava a suonare qualcosa per loro. Il venerdì, per fortuna, mia madre ricambiava le visite io potevo scappare. Scavalcavo il muretto del giardino, salendo sul tetto della piccola casetta di legno che mi era stata regalata a nove anni e nella quale non ero mai entrata e correvo alla biblioteca del paese. Lì Monsieur Remen mi aspettava, con una cioccolata calda d'inverno e una brocca di limonata d'estate e un libro. Un sempre nuovo, ogni settimana. Erano le ore più belle. Poi, un venerdì, gli venne un infarto. Io ero lì con lui e chiamai l'ambulanza. Quando tornai a casa era sera, sera tardi, e mia madre era disperata, dopo che le ebbi raccontato tutto assunse una tata: mai più un momento sola. Ogni pomeriggio un giro sul lago in barca, perché l'aria aperta mi faceva bene e ogni sera un libro di poesia, gli unici svaghi che mi furono concessi.
Mamma, però, dopo un po' si è ammalata: un cancro che l'ha portata via. Al suo funerale non ho pianto, pensavano volessi essere forte. La verità è che un po' ero felice, ma quando me ne sono resa conto era tardi, quindi ho pianto chiusa in camera mia, sola, come sempre. Mio padre non si poteva rintracciare: sembrava scomparso. Così fui affidata a sua sorella, che vive a Bristol e, a sedici anni, per la prima volta, posso fare tutto ciò che voglio.
Lì fuori è tutto cattivo, ripeteva.
Non capiva che anche io ero cattiva.
Grazie mille!